The Next Factory, Giugno-Luglio 2023
di Stefano Belviolandi e Giovanni Ticozzi
Abstract
Tra i tanti aspetti interessati dalla digitalizzazione in ambito produttivo, alcuni apparentemente in secondo piano meritano maggiore attenzione, anche solo per le prospettive di benefici importanti sull’efficienza dei processi e della produttività. Aspetti spesso trascurati non tanto per cattiva volontà quanto invece proprio per essere finora rimasti ai margini delle tecnologie IT.
Tra i meno quotati all’apparenza, rientra il procurement.
Uno scenario dalle mille facce
Come tanti altri si tratta di una funzione aziendale all’interno di un importante periodo di cambiamenti. «Possiamo valutare lo stato di salute del settore manifatturiero in generale prendendo spunto da un paio di indicatori» afferma Matteo Ambrosioni, Account Executive di JAGGAER. «Il Purchase Management Index riferito al manifatturiero oggi è intorno al valore 50. Una sorta di spartiacque tra l’essere in buona o in cattiva salute. Quindi, non un periodo particolarmente florido, anche se questo si potrebbe dedurre senza bisogno di una valutazione formale» continua.
A rendere lo scenario ancora meno rassicurante, contribuisce DESI, l’indice dell’economia e della società digitale. Da tempo, in Europa l’Italia è stabilmente nelle posizioni di coda quando si parla di digitalizzazione e, pur dando segnali di miglioramento, il lavoro da fare è ancora lungo.
«Nel settore in Italia c’è comunque la percezione di un periodo di grande innovazione in corso», prosegue Ambrosioni. «C’è grande attenzione alla qualità, un aspetto riconosciuto a livello mondiale. Se però pensiamo a dove può portarci una maggiore digitalizzazione dei processi di procurement, allora bisogna ammettere di essere ancora un po’ indietro».
Il terreno ideale per JAGGAER. I dati e il relativo valore oggi sono argomenti dei quali anche gli imprenditori meno esperti probabilmente parlano abitualmente. La vera sfida è come trattarli e soprattutto tradurli in un valore aziendale.
I dati guidano la riscossa del procurement
«Uno degli aspetti più interessanti è come il procurement stia assumendo un ruolo più strategico all’interno delle tante organizzazioni – precisa. Non è più visto come un semplice ‘ordinificio’, ma sta assumendo un ruolo più strategico». All’insegna di maggiori comunicazione e collaborazione interna tra i vari ruoli aziendali, anche il CPO (Chief Procurement Officer) diventa quindi una figura strategica, da coinvolgere nella trasformazione digitale del processo relativo agli acquisti. Anche solo per le difficoltà prodotte di riflesso dai recenti problemi alla supply chain, i processi di acquisto devono cambiare, e in fretta. Sarebbe un’impresa ardua senza affidarsi alle tecnologie IT.
Una visione più estesa e soprattutto la capacità di sfruttare i dati, sono punti fondamentali. Se per il manifatturiero la qualità, soprattutto in Italia, resta priorità assoluta, altri aspetti non possono più essere sottovalutati. A partire dagli insegnamenti della carenza di materie prime, per diversi settori ancora attuale. «Bisogna trovare fornitori alternativi, riuscirci in modo veloce e gestire le relative discontinuità. Inoltre, non ci si può più permettere di trascurare la sostenibilità, e i relativi rischi reputazionali», afferma. Una prima risposta è avere a disposizione i dati necessari. Aspetto meno scontato di quanto possa sembrare, il passaggio successivo è naturalmente essere in grado di sfruttarli per reagire tempestivamente. «Sono due aspetti fortemente interconnessi, dove la tecnologia ha un ruolo sensibile. Pensiamo per esempio all’integrazione con i sistemi gestionali dei fornitori, anche per quanto riguarda certificazioni, performance o valutazione del rischio». […]